Per conoscere fra Cecilio
S abato 9 aprile 2022
con un giorno di anticipo, dato che il 1O cadeva la domenica delle Palme, nella Chiesa del Convento di Monforte in Milano si è tenuta una so-lenne concelebrazione nell'anniversario della morte di fra Cecilio Maria Cor-tinovis. Erano presenti numerosi fedeli, devoti e amici del Venerabile Cap-puccino insieme ad una delegazione di cittadini di Costa Serina guidata dal Parroco don Fulvio e un buon numero di frati concelebranti.
Ha presieduto la Santa Messa, culminata con la preghiera alla tomba di fra Cecilio, fra Costanzo Cargnoni, che ha dettato una corposa omelia di cui riportiamo un sunto.
O ggi la Parola di Dio ci costringe a meditare l'aspirazione universale all'unità e comunione. Dio raduna i dispersi d'Israele e raccoglie tutti i membri del suo popolo, dovunque si trovino per fare con loro un'alleanza di pace e così affluire verso i beni del Signore.
In questa luce di carità e di comunione d'amore leggo la vita del Vene-rabile fra Cecilio Maria Cortinovis che oggi ricordiamo nell'anniversario della sua morte avvenuta 38 anni fa il 10 aprile 1984. È un umile fratello laico cappuccino, nato il 7 novembre 1885 nella contrada di Nespello a Costa Serina, un paesello sui monti bergamaschi.
La sua vita si è consumata per oltre 70 anni nel servizio dei poveri in portineria di questo convento e poi nell'Opera San Francesco per i poveri da lui fondata, divenuta ora quasi un miracolo della carità cristiana capace di radunare e rifocillare e servire in vari modi oltre 2000 poveri al giorno.
Di questo fraticello (col quale io ho convissuto per grazia di Dio quasi dieci anni dal 1968 al 1976), dal sorriso dolce, dagli occhi azzurro chiaro, dalla volontà forte forgiata da una pesante disciplina
di lavoro nei campi e sui monti quando era in famiglia ed a tenaci esercizi penitenziali e ascetici durante il suo tirocinio di frate, che sapeva parlare di Dio, della vita, della morte, dell'amore, della felicità, avremmo conosciuto ben poco se egli non fosse stato obbligato a scrivere per obbedienza, una specie di diario da lui intitolato Pensieri confusi dove rivela con immediatezza e profondità la sua esperienza spirituale.
Egli aveva fatto solo la terza elementare, "non aveva studiato altro di più del rastrello e della falce fienaia", come egli stesso dice, e invece riuscì a scrivere, come dono ricevuto dall'alto, un vero poema e gioiello di spiritualità, che mi ha lasciato senza fiato per lo stupore, quando lo raccolsi al completo nel 2004 in un grosso volume in edizione critica. Si tratta di cinque semplici quaderni, come quelli che si usavano nel passato a scuola, fittamente annotati, con un linguag-gio disadorno, certe volte prolisso, altre lapidario, zeppo di inesattezze, improprietà, piccole e grandi sgrammaticature, errori di ortografia e molte risonanze dialettali che lasciano però tra-sparire le profondità mistiche della sua anima e le convinzioni spirituali che hanno ispirato tutta la sua vita interiore e la sua grande operosità sociale.
È proprio vero che i più grandi apostoli sono i mistici. La via dell'amore è stata la strada che egli ha percorso con slancio sempre più forte, e questa vita dell'amore, come egli dice, è la via della misericordia. Egli ne parlava con una sempre più illuminata visione ricavata dalla sua con-templazione eucaristica, dalle sue notti accanto al Tabernacolo, dalle sue adorazioni silenziose, quando era portinaio, in fondo alla chiesa come un povero pubblicano e dal suo continuo con-tatto con ogni sorta di poveri.
Il suo quotidiano contatto con ogni miseria corporale e spirituale nel servizio dei suoi poveri venne sempre più illuminato da questa luce impressa nella sua anima dell'apostolato della mi-sericordia di Gesù eucaristico. Passava lunghe ore nel silenzio della notte davanti al Tabernaco-lo, si umiliava profondamente, e si considerava responsabile delle anime da salvare, perché "nulla al mondo vedo, meritevole del mio sguardo, se non sono anime da salvare e condurre ai piedi dei vostri altari". Partecipò con sofferto amore ai" mali morali che travagliano le famiglie" e per questo si offrì" vittima di espiazione in compagnia di Cristo in ogni sua offerta sugli altari di tutto il mondo". Questa visione universale di apostolato avvolgeva si può dire tutti i giorni della sua longeva vita fino alla fine.
Era l'ansia di una comunione universale, di una unità d'amore come il messaggio della Parola di Dio che abbiamo prima ascoltato. Se incominciava a pregare per qualche persona raccomandata
lo faceva volentieri," ma il mio spirito (dice) non si sazia. Egli vuole tutti i peccatori del mondo, come anche il profitto spirituale di tutte le anime". Era un'intenzione universale, continua.
Implorava lumi particolari al Papa e a tutta la Chiesa, e "un vivo e intenso amore di Dio" a tutti i sacerdoti, con la conversione "di tutti i peccatori e il profitto di tutte le anime". Pensava continuamente alle anime, e avrebbe voluto il trionfo di questo amore in
ogni anima, pronto a dare la vita anche perché" una sola avesse a progredire,
anche di un solo grado, nel divino amore".
Era un'ansia apostolica struggente: "Gesù mio, fammi la grazia di estendere nelle
anime il regno del tuo amore misericordioso". Anche se vedeva in se stesso come
due movimenti opposti, "due opposti contrasti", ossia da una parte un forte richiamo
all'intimità e solitudine contemplativa, ed all'altra la spinta dell'obbedienza di stare"
a contatto col mondo" per comprendere" tante miserie spirituali e corporali delle
diverse classi di persone", egli comprendeva che questo apparente dualismo era
la necessaria logica dell'amore, "è tutto amore di Dio verso di me", perché quando
ritornava all'intimità con Gesù portava con sé come sue "tutte le svariate qualità
di miserie e necessità spirituali e temporali" e le offriva e si offriva "affinché
l'umanità non abbia a morire di miseria e di fame". "Ho avuto, scriveva nel 1980,
la "grazia di servire i poveri a Milano per 70 anni. Ora - aggiunge - da un anno mi
trovo ancora qui ad ascoltare e a pregare per le sofferenze dei poveri, in attesa della telefonata
che mi chiama in paradiso a pregare per i poveri per averli in mia compagnia per tutta l'eternità".
La sua esperienza profondamente eucaristica, da cui è scaturita la sua misericordia verso poveri
nel corpo e nell'anima, ha esaltato la misericordia di Gesù e in questa luce, indissolubile
dal Figlio, ha visto anche la presenza della Madre. Con Lei vogliamo concludere queste riflessioni.
Fr. Cecilio vedeva sempre accanto al Divin Pastore Eucaristico la dolce presenza di Maria.
La telefonata la ricevette quattro anni dopo.
Oggi la ricordiamo mentre vogliamo lasciarci avvolgere da questa luce dell'unità e della comunione
d'amore che splende sul volto di Cristo e, per riflesso, sul volto di Fra Cecilio, che invochiamo
con fiducia nella sua Venerabilità, cerchiamo di seguirne l'esempio con devozione imitativa
e preghiamo con fede che possa essere proclamato dalla Chiesa beato e santo. Amen.
Fra Costanzo Cargnoni