SALMO 111 (110)
“CON TUTTO IL CUORE”
- Estate con i Salmi (4) -
Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
nel consesso dei giusti e nell’assemblea.
Grandi le opere del Signore,
le contemplino coloro che le amano.
Le sue opere sono splendore di bellezza,
la sua giustizia dura per sempre.
Ha lasciato un ricordo dei suoi prodigi:
pietà e tenerezza è il Signore.
Egli dá il cibo a chi lo teme,
si ricorda sempre della sua alleanza.
Mostrò al suo popolo la potenza delle sue opere,
gli diede l’eredità delle genti.
Le opere delle sue mani sono verità e giustizia,
stabili sono tutti i suoi comandi,
immutabili nei secoli, per sempre,
eseguiti con fedeltà e rettitudine.
Mandò a liberare il suo popolo,
stabilì la sua alleanza per sempre.
Santo e terribile il suo nome.
Principio della saggezza è il timore del Signore,
saggio è colui che gli è fedele;
la lode del Signore è senza fine.
Il salmo 110 nel testo ebraico è un acrostico: ogni riga inizia con un in rigoroso ordine alfabetico. Ventidue le lettere dell’alfabeto ebraico, ventidue le righe del salmo .
L'inizio è un rendimento di grazie, la conclusione un insegnamento sapienziale. Tra il grazie e l'insegnamento sta una serie di rapide affermazioni sulle quali l'autore non si dilunga. Le elenca
senza sentire il bisogno di spiegarle. E ha ragione: sono le verità essenziali che costituiscono la spiritualità di ogni credente ebreo. Perciò gli basta evocarle.
Le ragioni del ringraziamento sono le grandi opere di Dio (espressione che ritorna molte volte): mandò a liberare il suo popolo (v. 9), stabilì per sempre la sua alleanza (v. 9b), i suoi
comandamenti sono immutabili per sempre (v. 8). Le opere di Dio sono accompagnate da determinazioni che ne dicono la qualità: grandi, belle, splendide, potenti, vere, giuste, per sempre. Altri
termini esprimono invece lo stile e i sentimenti con cui Dio le compie: pietà e tenerezza, giustizia e verità. Il risultato è che viene delineata una figura di Dio, non solo le sue azioni.
«Renderò grazie al Signore con tutto il cuore» (v. 1): per cogliere la pregnanza di questa confessione del salmista possiamo leggere un passo molto noto del libro del Deuteronomio: «Ascolta,
Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la persona» (6,5). Il rapporto con Dio è caratterizzato dalla
totalità.
Il salmista non intende, come spesso avviene, innalzare un ringraziamento nel tempio e in un'assemblea liturgica, ma nel «consesso» degli uomini giusti (v. 1b). Il tempio e la liturgia sono in
secondo piano; al primo posto la rettitudine morale, la compagnia degli uomini che - come si spiega nel v. 2 - contemplano le opere di Dio e le amano. Si potrebbe tradurre con più esattezza: gli
uomini che cercano, contemplano, meditano le opere di Dio e ne provano desiderio e piacere.
«Ha lasciato un ricordo dei suoi prodigi» (v. 4): forse qui si pensa alla Pasqua, il memoriale per eccellenza. La sua celebrazione era ricca di gesti fortemente evocatori, accompagnati da canti
di gioia e danze. La cornice festosa non ha mai cessato di accompagnare la celebrazione pasquale. Al tempo di Gesù la sala ben preparata, il vino, l'agnello caratterizzavano la cena pasquale come
il convito della gioia. Si festeggiava la partenza dall'Egitto, ma soprattutto la libertà conseguita e la certezza della libertà definitiva, escatologica, di cui la libertà presente era
un'anticipazione.
Fra le meraviglie di Dio per cui ringraziarlo con tutto il cuore c'è anche il dono della Legge: «Stabili sono tutti i suoi comandi, immutabili nei secoli per sempre» (vv. 7b-8a). Israele ha
sempre considerato la legge di Dio come un grande dono. Per la Bibbia la legge è in relazione con il gesto salvatore e liberatore di Dio. Non è l'imposizione di un tiranno o, semplicemente, di un
padrone. È la volontà di un Dio salvatore, che per primo ha compiuto gesti di salvezza. L’osservanza della legge è la risposta ad un Dio che ha fatto qualcosa per primo. Israele ha capito che non
deve osservare le leggi di Dio per puro calcolo utilitaristico, ma come conseguenza di una posizione in cui, per grazia di Dio, è venuto a trovarsi.
Iniziato con «ti renderò grazie», il salmo si conclude ricordando che «principio della saggezza è il timore di Dio» (v. 10). Il timore non è la paura, ma il rispetto, l'obbedienza, la fiducia e
l'abbandono. Temere Dio è fidarsi di Dio al punto da abbandonarsi a lui, senza riserve e serenamente. Questa è l'essenza - così il significato di «principio» - di ogni saggezza.
PREGHIAMO
Signore Gesù, tu sei la grande meraviglia del Padre e ti contemplano coloro che ti amano.
Tu sei lo splendore della bellezza del Padre e la tua giustizia dura per sempre.
Nella tua morte e risurrezione
ci hai mostrato il tuo grande amore per noi: hai liberato il tuo popolo,
ci hai stretti in alleanza eterna con il Padre,
ci hai dato il tuo corpo come cibo di vita eterna.
Per questo ti rendiamo grazie con tutto il cuore e professiamo la nostra fede in te, unico Signore, che vivi e regni nei secoli dei secoli.
Amen.
“Grandi cose ha fatto in me il Potente e Santo è il suo nome … Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia” (Lc 1,49.54)