a cura di Stefania Griffini
Il messaggio fondamentale che il libro della Genesi ci rivela è che la prima settimana della creazione contiene in sé il lungo itinerario di tutto il mondo e quello più breve della vita di ognuno di noi. Le prime azioni di Dio creatore (luce, sole, luna) stabiliscono il ritmo del tempo, il grande orologio e il calendario dell’universo. Poi, giunto all’ultimo giorno, Dio di riposa e “santifica”, cioè rende sacro, questo tempo.
Il Dio creatore della Bibbia non si costruisce, dunque, o non si fa costruire un tempio, ma si riserva “un tempo sacro” e il primo “luogo” dell’incontro fra Dio e l’uomo è un “giorno”
non un luogo. Il Dio della Bibbia abita il tempo, prima dello spazio, solo in un secondo momento si sceglierà un luogo dove dimorare. Per questo Israele, anche dopo la distruzione del tempio, non ha perso la fede nel suo Dio, non ha perso “contatto” con Lui, perché aveva scoperto che la dimora di Dio è la storia del suo popolo, “luogo” in cui si fa presente.
E questo Dio, che fin dall’eternità (Ger. 31,2 – Ef. 1,4) e per l’eternità ha creato, cercato (Gen. 3,9 – Lc 15,4), amato ogni suo figlio, ha bisogno dello scorrere del tempo terreno per permettere alla sua misericordia di dilatarsi, accordandoci ogni giorno una nuova proroga e vigilando silenziosamente accanto a noi affinché arrivano alla conversione.
E il “luogo” in cui avviene l’incontro tra Dio e la sua creatura è quella “relazione personale, intima, d’amore” cercata da Dio in ogni momento della nostra vita.
Ma per accorgerci di questa verità è necessaria una profonda conversione nel nostro modo di abitare il tempo. E’ necessario cogliere il mistero del tempo quotidiano come occasione e attesa di salvezza e di incontro con il Signore che viene.
Già nelle pagine del Vangelo il Signore, durante il suo ministero, aveva sollecitato i suoi uditori a comprendere i segni dei tempi in cui vivevano (Mt. 16, 1), così come aveva pianto su Gerusalemme perché non aveva saputo riconoscere “il tempo in cui sei stata visitata” (Lc. 19,44) e il tempo in cui ciascuno è visitato dal Verbo di Dio è proprio quell’ “oggi” che risuona continuamente sulle labbra di Gesù che ci invita a vivere ogni momento come l’”ora” della verità.
Allora, se ho davvero compreso che devo vincere la tentazione di impossessarmi di Dio per rinchiuderlo in un “luogo” dai confini ben definiti (dove a volte potrei rischiare di lasciarlo, perché è troppo scomodo averlo sempre con me) e ho invece percepito che lo posso incontrare solo se vivo con Lui una esperienza d’amore (questi è colui che mi ama … io mi manifesterò a lui – Gv. 14,21)
ecco che proprio la nostra Regola illumina con le sue parole quei “tempi privilegiati” in cui la sua presenza di Risorto si fa più viva e vera.
La sua Parola, che è “Verbum Dei”, cioè Cristo stesso (art. 4), il sacramento della Riconciliazione (art. 7), l’Eucarestia, la preghiera e la contemplazione (art. 8) sono, dunque, momenti di grazia che quotidianamente ci sono offerti come incontri di amore con Lui, in quella relazione intima, personale, irrepetibile che sta solo a noi, al nostro desiderio ardente, alla nostra vigilanza affettuosa, al nostro bisogno di Lui, non lasciar passare accanto nella indifferenza, nella accidia, nella distrazione che ci fa sordi e ciechi.
Se però il luogo in cui incontriamo Dio è la relazione d’amore con Lui, allora dobbiamo anche credere che questo luogo è addirittura quell’istante in cui il peccatore è perdonato, afferrato da Dio e restaurato nella grazia. Il luogo in cui Dio ti incontra è il tuo peccato che, se riconosciuto, diventa anch’esso momento di grazia perché in esso si rivelano al nostro cuore contemporaneamente peccato e perdono.
Per questo un “tempo sacro” in cui il Signore ti sta aspettando ogni giorno è proprio quello dell’”esame di coscienza serale”, quello spazio utile per riappropriarti di te stesso dopo una giornata in cui ti sei consegnato agli altri. Lascia allora scorrere davanti a te gli avvenimenti, i volti delle persone incontrate e con animo sereno ricorda i sentimenti che ti hanno animato. Puoi aver provato gioia, entusiasmo, pace, serenità, ma anche fastidio, turbamento, disagio, tristezza, paura, rimorso, disperazione. Che cosa il Signore vuole comunicarti, a che cosa vuole invitarti con ciò che hai sentito o senti nel tuo cuore? Quale sarebbe stato lo “stile di Gesù”, con che “cuore” Lui avrebbe guardato, ascoltato, agito?