FRANCESCO E LA PAROLA DI DIO
Iniziamo questa riflessione in preparazione alla festa di san Francesco (4 ottobre) con un testo evangelico, ripreso da Francesco, che è la parabola del seme gettato nei diversi terreni:
Guardiamoci bene dall'essere la terra lungo la strada, o la terra sassosa, o quella invasa dalle spine secondo quanto dice il Signore nel Vangelo: «Il seme e la parola di Dio. Quello che cadde
lungo la strada e fu calpestato sono coloro che ascoltano la parola di Dio e non la comprendono; e subito viene il diavolo e porta via quello che è stato seminato nei loro cuori, perché non
credano e siano salvati. Quello poi che cadde nei luoghi sassosi, sono coloro che appena ascoltano la parola, subito la ricevono con gioia; ma quando sopraggiunge una tribolazione o una
persecuzione a causa della parola, ne restano immediatamente scandalizzati;anche questi non hanno radice in sé, sono incostanti, perché credono per un certo tempo, ma nell'ora della
tentazione vengono meno. Quello che cadde tra le spine, sono coloro che ascoltano la parola, ma le cure di questo mondo e la seduzione delle ricchezze e gli altri affetti disordinati entrano nel
loro animo e soffocano la parola, sicché rimangono infruttuosi. Infine il seme affidato alla terra buona, sono coloro che, ascoltando la parola con buone, anzi ottime disposizioni, la intendono e
la custodiscono e portano frutti con la perseveranza». E perciò noi frati, così come dice il Signore, «lasciamo che i morti seppelliscano i loro morti». E guardiamoci bene dalla malizia e
dall'astuzia di Satana, il quale vuole che l'uomo non abbia la sua mente e il cuore rivolti a Dio; e, circuendo il cuore dell'uomo con il pretesto di una ricompensa o di un aiuto, mira a togliere
e a soffocare la parola e i precetti del Signore dalla memoria, e vuole accecare il cuore dell'uomo, attraverso gli affari e le preoccupazioni di questo mondo, e abitarvi, così come dice il
Signore: «Quando lo spirito immondo è uscito da un uomo va per luoghi aridi e senz'acqua in cerca di riposo e non la trova; e allora dice: Tornerò nella mia casa da cui sono uscito. E
quando vi arriva, la trova vuota, spazzata e adorna. Allora egli se ne va e prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, poi entrano e vi prendono dimora, sicché l'ultima condizione di
quell'uomo diventa peggiore della prima. Perciò, tutti noi fratelli, stiamo bene in guardia, perché,sotto pretesto di ricompensa, di opera da fare e di un aiuto non ci avvenga di perdere o di
distogliere la nostra mente e il cuore dal Signore. Ma, nella santa carità, che è Dio, prego tutti i frati, sia i ministri che gli altri, che, allontanato ogni impedimento e messa da
parte ogni preoccupazione e ogni affanno, in qualunque modo meglio possono, si impegnino a servire, amare, adorare e onorare il Signore Iddio, con cuore puro e con mente pura, ciò che egli stesso
domanda sopra tutte le cose.
(Regola non bollata, XXII, 10-26: Fonti francescane = FF 58-60)
La parabola evangelica è citata da Francesco facendo un riassunto dei tre vangeli sinottici: ci troviamo subito di fronte ad una caratteristica di Francesco, che normalmente cita a memoria la
Scrittura, e non è tanto preoccupato della precisione esegetica quanto della accoglienza della parola nella propria vita. Anche in questo testo, dopo aver riascoltato le parole del vangelo, egli
sottolinea soprattutto l’impegno per l’accoglienza della Parola, mettendo in guardia dai rischi che ogni cristiano corre: egli è ben consapevole che l’opera del maligno è quella che “mira a
togliere e a soffocare la parola e i precetti del Signore dalla memoria, e vuole accecare il cuore dell'uomo”. Emerge subito con forza il ruolo centrale che la Parola del Signore ha nella vita
del cristiano. Il cuore dell’uomo è destinato ad essere una dimora: può essere la dimora di Dio, accogliendo la sua Parola, ma potrebbe anche diventare dimora del maligno, come ci ammonisce il
testo evangelico subito citato da Francesco a proposito dello spirito immondo che potrebbe ritornare nella casa da cui è uscito. Il cuore dell’uomo è un terreno che riceve un seme, è una casa che
chiede di essere abitata: quello che dobbiamo fare è scegliere l’ospite giusto, che sia Dio e non altri ingombranti inquilini. Il modello di Francesco ci mostra un rapporto profondo e intimo con
la Parola di Dio, che diventa sostanza di tutta la nostra vita perché è il seme prezioso, seminato in noi. Egli stesso lo afferma con chiarezza nel suo Testamento , quando dice: “E dopo che
il Signore mi dette dei fratelli, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo”. La scoperta della propria
vocazione, per Francesco come per ciascuno di noi, è possibile rivolgendosi al Vangelo: le biografie ci informano che quando i primi due compagni si rivolsero a Francesco, chiedendogli di vivere
come lui, egli rispose: “Entriamo in chiesa, prendiamo il libro del Vangelo e chiediamo consiglio a Cristo” e si recò con loro in chiesa, per aprire tre volte il Vangelo e scoprire nella Parola
del Signore la risposta alle loro domande. La vita di Francesco è dunque segnata da questo riferimento alla Parola di Dio; ed anche la sua preghiera riflette questa attitudine fondamentale. La
preghiera di Francesco, infatti, vive di Parola di Dio: i versetti dei Salmi o le frasi evangeliche costituiscono la sostanza della preghiera e della meditazione di Francesco. Si potrebbero
ricordare, ad esempio, la Parafrasi del Padre nostro (FF 266-275), o le Lodi per ogni ora (FF 264-265) , o l’Esortazione alla lode di Dio (FF 265a): si tratta di preghiere che utilizzano testi
biblici, magari amplificandoli e sempre meditandoli. Ne è un tipico esempio anche l’Ufficio della Passione (FF 279-303), che Francesco compone. E’ la “sua” preghiera personale, e lo fa con parole
bibliche e usando lo schema della Liturgia delle ore. Evidentemente la struttura liturgica e biblica gli erano talmente entrate in profondità da rendergli naturale e spontaneo il citare le parole
della Scrittura e il conformarsi allo schema della liturgia. È interessante anche notare come Francesco collega i versetti dei salmi: più che vere e proprie citazioni, si tratta di collegamenti
che non sono tanto il frutto di una riflessione esegetica quanto piuttosto una sua rielaborazione orante, in cui le parole bibliche affiorano alla mente e al cuore del Santo come parole sue; non
a caso Francesco si permette tranquillamente di cambiare un versetto o l’altro del Salmo, adattandolo al senso della sua preghiera, che riconduce ogni parola della Scrittura al suo centro, che è
Cristo. Il principio che sostiene i collegamenti tra frasi diverse dei Salmi e del Nuovo Testamento, infatti, è il riferimento a Cristo e al piano di salvezza che in Lui si rivela, con una
particolare sottolineatura per l’immagine trinitaria di Dio, che sempre ritorna. In parecchi dei salmi dell’Ufficio il soggetto che prega è il Cristo stesso, e Francesco sembra identificarsi con
Gesù che prega, ben consapevole del ruolo centrale di Cristo, unico e perfetto mediatore per gli uomini davanti al Padre.
Accanto a questo tipo di salmi, in cui è la voce stessa di Cristo a pregare il Padre, ce ne sono altri che presentano piuttosto una meditazione della storia della salvezza, centrata sempre sul
mistero di Cristo, ed in particolare sui misteri della Pasqua e dell’Incarnazione, che già i primi biografi rilevavano essere il centro della devozione di Francesco ; in queste preghiere i
versetti dei salmi vengono riletti e riutilizzati in senso decisamente cristologico, come usa fare tutta la tradizione cristiana di lettura del salterio, e così, attraverso esplicite inserzioni
di testi del Nuovo Testamento o addirittura di testi della liturgia, Francesco può costruire delle preghiere che meditano sempre il mistero di Cristo. Noi spesso crediamo che la nostra preghiera,
per essere “personale” e spontanea, debba essere inventata da noi ex novo, e magari ci sforziamo di creare ogni volta qualcosa di diverso e di originale: Francesco invece ci mostra che la sua
preghiera personale è fatta soprattutto di parole della Scrittura, secondo uno schema che è quello della liturgia delle ore. Si tratta di una indicazione importante anche per la nostra preghiera,
che forse dovrebbe lasciarsi educare dalle parole della Scrittura, e aver assimilato a tal punto la struttura della Liturgia della Chiesa da esprimersi naturalmente in quel modo: in questa
maniera la liturgia delle ore, che magari preghiamo ogni giorno con le Lodi o i Vespri, davvero diventa qualcosa di nostro, e ci aiuta a plasmare anche la nostra preghiera personale. Il primo
tratto della spiritualità francescana, dunque, è il rapporto intimo e profondo con la Parola di Dio, che emerge nella vita e nella preghiera: davvero la nostra “vita e regola è osservare il santo
Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo”, come dice Francesco all’inizio delle sue Regole.